INTRODUZIONE

L’acqua ha un’importanza fondamentale nella vita quotidiana di ognuno, offrendosi da sempre agli utilizzi più disparati. Questo percorso si soffermerà su alcuni usi dell’acqua da parte dell’uomo: dalle modalità di approvvigionamento, gestione e regimazione finalizzate alle esigenze più concrete e ordinarie si giungerà fino a esempi di utilizzo in contesti di svago e bellezza.

Fin dal Medioevo fiumi e torrenti del territorio si sono prestati a ospitare opifici e lavorazioni per cui l’acqua era indispensabile: mulini per la molitura dei cereali, gualchiere per la lavorazione dei tessuti, fornaci da calce e da laterizi. Nelle zone di Candeli, Vicchio e Rimaggio fu poi fiorente la ‘curatura’ (lavatura e sbiancatura) delle tele da parte di curandai, un’attività che dagli ultimi decenni del XIX secolo conobbe un eccezionale sviluppo nella zona di Grassina, alla confluenza tra l’omonimo torrente e l’Ema.

Il Sentiero di Morgana prende così avvio proprio dal centro di Grassina, presso il Monumento alla lavandaia, opera scultorea in bronzo dell’artista grassinese Silvano Porcinai. La scultura rappresenta una giovane donna inginocchiata sulle rive di un fiume, intenta a strusciare un panno: è chiaro il riferimento al duro e faticoso lavoro svolto per decenni da molte abitanti del paese. Da piazza Umberto I, attraverso via Costa al Rosso e via Pian di Grassina, il percorso conduce in direzione della piccola frazione di Bubè: è in questo agglomerato di case, e in particolare nel cosiddetto quartiere della mestola, che si concentrava in passato il maggior numero di lavandai del paese. Presso le antiche case del borgo è ancora oggi possibile imbattersi in antichi lavatoi e attrezzi del mestiere.

Lasciata via Pian di Grassina, il sentiero prosegue lungo via delle fonti in direzione del poggio di Fattucchia. L’abbondanza di sorgenti – da cui il toponimo – favorì lo sviluppo di un fiorente modello agricolo fatto di coltivi, case da contadino e dimore da signore, basato su un sapiente sistema di gestione delle acque – meteoriche e di sorgiva – leggibile ancor oggi.

A metà della via, sulla destra, si scorgerà Villa il Riposo: questa casa da signore acquistata nel 1515 dalla famiglia Vecchietti, fu rinnovata nelle architetture da Giambologna e decorata con numerosi affreschi eseguiti da Santi di Tito su commissione di Bernardo Vecchietti. A questo banchiere, mecenate, consigliere d’arte della famiglia Medici e protettore di artisti siamo debitori per la realizzazione nella zona di una sorta di parco di delizie. L’elemento più suggestivo fu la Fonte di fata Morgana, un curioso esempio di architettura da giardino con principale protagonista l’acqua. Il suo zampillare rendeva piacevole la permanenza al suo interno nelle torride giornate estive, mentre all’esterno offriva ristoro ai viandanti e dissetava gli animali. Un’ultima vasca serviva infine da lavatoio, certificando un uso pubblico degli spazi esterni armoniosamente integrato con quello esclusivo e aristocratico degli interni.

Oltre alla Fonte, la campagna fu abbellita da un tabernacolo e da due strutture per la caccia agli uccelli: la ragnaia e l’uccellare. Quest’ultimo, in particolare, realizzato in cima al colle per volontà di Bernardo Vecchietti e meta finale del percorso, è esempio di perfetta compenetrazione tra natura e opere dell’uomo con il suo ingegnoso sistema di sentieri, canali di raccolta dell’acqua, passaggi sotterranei, boschetti e muri a secco, in parte visibili ancora oggi.