IL NINFEO FONTE FATA MORGANA

IL NINFEO

Il Ninfeo del Giambologna, conosciuto anche come Fonte di fata Morgana o Casina delle fate, è un curioso esempio di architettura da giardino fatto costruire da Bernardo Vecchietti tra il 1571 e il 1574 all’interno del parco della villa Il Riposo, sua residenza estiva ai piedi del colle di Fattucchia, per trascorrervi piacevoli ore al riparo dal caldo delle giornate più torride.  Il piccolo e caratteristico complesso è concepito secondo una logica che non lo rende assimilabile né a un classico ninfeo né alle grotte artificiali di tipo rustico: l’esterno è pensato come una quinta teatrale per stupire lo spettatore, l’interno è invece studiato per assecondare le esigenze artistico-spirituali del committente. Sulla sinistra dell’edificio trova posto anche un tabernacolo cinquecentesco in pietra serena che un tempo conteneva un affresco raffigurante la Samaritana al pozzo, probabilmente opera di Santi di Tito, andato completamente distrutto.

Tramite il portale nella facciata principale si accede a un primo locale, con sedute in pietra ai lati e un pavimento a mosaico realizzato con sassolini bianchi e neri, che compongono sulla soglia la scritta ‘Fata Morgana’ e ai lati testimoniano la data di realizzazione (settembre 1574). Al centro si trova una fontana con conca in pietra serena sostenuta da un basamento a forma di coda di mostro marino, collocata all’interno di una vasca esagonale per la raccolta dell’acqua: al centro della conca era posizionata una statua marmorea rappresentante una Venere o Fata Morgana, opera di Giambologna, e oggi proprietà di un collezionista privato. Ai lati della fontana, due portali simmetrici completano la scenografia. Da quello di sinistra si accede a altri spazi al piano terreno e ai livelli superiori: al piano terra, sulla sinistra, si trova un locale con due vasche molto profonde, utilizzate un tempo per i pesci, a destra si apre il passaggio che mette in comunicazione con la vasca di raccolta dell’acqua, tramite un condotto che arrivava sino alla sorgente a monte. Il Ninfeo è infatti alimentato da sorgenti poste all’estremità di due gallerie secondarie che si dipartono da un’unica galleria principale accessibile dalla cisterna ubicata all’interno della struttura. Una piccola scala conduce infine ai livelli superiori e ai piccoli ambienti che li caratterizzano, uno dei quali adibito a cucina.

L’acqua è l’elemento caratterizzante l’intero complesso: all’esterno, sulla destra, una fonte offriva ristoro ai viandanti, un abbeveratoio dissetava gli animali e un’ultima vasca serviva da lavatoio. Il sistema di vasche e fonti, oltre a avere una finalità scenografica, svolgeva dunque una forte funzione pubblica di cui, per lungo tempo, hanno potuto beneficiare gli abitanti della zona.

All’acqua è strettamente connessa anche la scelta, a opera dello stesso Bernardo Vecchietti, di intitolare la fonte a Morgana. La fata cui si ispirò il Vecchietti, infatti, non è il personaggio ambivalente, quasi demoniaco e antagonista di re Artù, presente in vari poemi a partire dal XII – XIII secolo, ma è figura leggendaria di chiara origine celtica, la guaritrice precristiana collegata a luoghi ricchi di fonti, laghi e acque come la famosa isola di Avalon o della Felicità: come narra Goffredo di Monmouth nella Vita Merlini (sec XII) fu lì che Artù fu condotto in fin di vita e sanato da Morgana. Al Vecchietti non sfuggì il fortissimo legame tra le facoltà curative e ringiovanenti dell’acqua e la stessa fata, nonché l’erudita opportunità di dedicare il Ninfeo a questa figura leggendaria.